Rioni Galliatesi


BORNATE


I nomi Burnà, Bortinate o Bortenate rimandano al Berconate delle locali carte quattrocentesche,
toponimo indicante il cantone o la porta ribattezzata senza successo nel periodo napoleonico
porta Cisalpina. Anteriormente al Mille, è attestata l’esistenza tra Galliate e Romentino del
villaggio di Berconate. Nel 911 cinque rappresentanti degli uomini di Berconate e ventitrè di
Galliate Vecchio, chiesero al Re di poter costruire un castello. Non si sa con certezza se quella
fu l’epoca in cui i Berconatesi, cioè i Burnarü, diventarono galliatesi di Galliate Vecchio, o loro
vicini, e in seguito di Galliate Nuovo.
Rione antico, decorato dalla presenza del castello visconte

o sforzesco dirimpetto alla “Cittadella”,
nome rimasto nell’onomastica rionale e che fa pensare ad un primitivo insediamento racchiuso
entro la difesa degli spalti trasformati poi in viali di pubblico passeggio.
Sul lato a tramontare della piazza San Giuseppe, già piazza d’Armi nella seconda metà dell’Ottocento,
sorgeva i Casón, la Cattabrega dei nobili Stampa Soncino, deposito di foraggi in tempo di guerra
(fine del ’700) e ospedale in tempo di colera (1836).
Sul lato di levante la chiesa rionale di San Giuseppe include nelle sue strutture più recenti la
cappella con l’altare della Madonna della Neve (sec. XV) che con il castello, è il monumento
galliatese più antico.
E ancor più antica era la scomparsa chiesa di San Martino nella via omonima, già nominata nel
secolo XI, ritenuta cimitero di appestati.
Utile, ma poco amato monumento nel cuore d’in Burnà è il vascone all’inizio della via Ticino e
dell’antichissima via del Porto Vecchio, antica quanto la via Burnasca (Bornasca) che ad orecchio
sembra proprio essere stretta parente di Burnà. Burnasca, cioè, sembrerebbe voler dire strà ch’a
porta in Burnà.

MISSANGHERA


Per tradizione popolare il Rione Missanghera è ritenut

o il più antico dei rioni Galliatesi,
dove si sarebbe costituito il primo nucleo di Galliate Nuovo (Pezu).
Già in un documento datato 30 giugno 1090 appare il nome “de Vuizingaria” e dal
1300 al 1600 ricorrono i nomi Massangaria, Guizangaria, Messangaria, Messanghera,
indicanti la via, la porta, il cantone. Originariamente la strada di Missangh

era comprendeva
le attuali via Manzoni, Carducci, Giusti ed un tratto di via Matteotti. Circa il significato
del termine, sono state formulate alcune ipotesi: strada soggetta ad angaria, cioè pedaggio,
o storpiatura che ricorderebbe l’invasione degli Ungari. Anticamente il portone con
l’antistante fossato e relativo ponte, chiudeva l’accesso al rione all’ inizio dell’ attuale via
Matteotti.
Nel 1758 vi fu collocato il Monumento a San Gaudenzio protettore della porta, in
quanto il rione sarebbe uscito indenne dalla peste del 1639. La chiesa rionale porta la
data di nascita del 18 aprile 1649 e venne aperta al culto nel 1664 benché vi mancassero
la volta, il pavimento e i muri fossero rustici.
All’inizio del 1600 è nominato in un documento il “Giesuolo di Missanghera” dedicato
a San Cristoforo, in via Buonarotti (Viariscia), via che, per le sue vicissitudini è da
ritenersi la più ricca di storia e tradizioni: gli anziani la ricordano come “Strà di
Malcuntinci” nella leggenda come via Annibalina in quanto transitò e stazionò Annibale
con 25.000 uomini e 37 elefanti, prima di scontrarsi con Publio Cornelio Scipione
(218 a.c.).


PORTA NUOVA


Fino al 1636, con Bortinate, Missanghera e San Pietro, figura anche nei registri comunali il Rione
di San Giovanni o di Gesano: dopo tale data fin verso il 1775, quello di Porta Nuova. Due sono
le chiese che sorgono al suo interno. La chiesa di Santa Caterina, che venne ricostruita nel 1775
sulla più antica sede della confraternita di San Giovanni Battista. Il campanile fu costruito nel
1893 e nel 1921 fu sistemato con ciottoli di diverse tinte il piccolo sagrato antistante l’ingresso
principale. Quattro le solennità un tempo celebrate nella chiesa: San Bovo a maggio, San Giovanni
Battista a giugno, la Madonna della Cintura tra agosto e

settembre, Santa Caterina a novembre.
San Bovo protettore degli animali, è testimoniato al suo interno con una grande tela. Le antiche
celebrazioni locali legate al culto della Madonna della Cintura risalgono al 1817. I confratelli
portano l’abito bianco. La chiesa di Sant’Antonio venne costruita nel 1753; è sede della più antica
confraternita galliatese. In origine i confratelli vestivano un abito bianco; formata poi la “Compagnia
della Buona Morte”, a partire dalla seconda metà del 1500 cambiarono l’abito bianco in nero,
provvisto di teschio. La chiesa è a un’unica navata: l’altare è del 1816. Alle pareti sono appese
alcune tele fra le quali una raffigura Sant’Ambrogio che battezza Sant’Agostino.
Un dipinto rappresenta Sant’Anna, a cui è dedicata anche una statua realizzata nel 1843. Il
pavimento è stato rifatto recentemente così come l’altare realizzato dallo scultore Gabrielli.
Esternamente la chiesa presenta le murature in laterizio a vista, caratteristica tipica delle chiese
erette nel XVIII secolo in Piemonte.


PORTA SAN PIETRO


Al centro del cantone di Porta San Pietro sorge la chiesa di Sant’Urbano; fu costruita tra la fine
del ’500 e i primi del ’600.
Ingrandita mezzo secolo dopo, venne rimaneggiata nell’800.
All’interno oltre alla pala d’altare che raffigura Sant’Urbano assieme a San Rocco, si conservano
un pregevole stendardo processionale di fine ’700 con lo stesso soggetto, due interessanti tele
barocche datate 1728 e una delicata Annunciazione.
Nell’oratorio ha sede la confraternita dei Santi Urbano e Rocco, l’ultima a formarsi tra quelle
galliatesi. Oscure le sue origini. Di certo si sa che il 21 Luglio 1837 la locale compagnia di
Sant’Urbano ottenne dall’allora Pontefice Urbano VIII un Breve Apostolico. I componenti
vestivano l’abito nero, così come la decana delle confraternite galliatesi, quella di Sant’Antonio.
Per distinguersi da quest’ultima, nel corso dell’800 il gruppo dei Santi Urbano e Rocco aggiunse
alla cappa nera una “mozzetta”, chiamata volgarmente pellegrina.
Le origini della devozione locale per Sant’Urbano sono da ricercarsi in età medioevale. Nel
calendario liturgico della Parrocchia di Galliate del 1483, alla data del 25 maggio, giorno dedicato
alla memoria di Sant’Urbano, era infatti indicata la celebrazione di una delle festività istituite
“causa pestis”, ma sin da un secolo prima, nel 1385, un’ordinato comunale aveva stabilito che
nessuno, in quella data osasse lavorare o far lavorare gli altri, al fine di assolvere un pubblico voto,
probabilmente fatto in occasione di un’epidemia di peste che aveva sconvolto il paese a metà del
’300. Nel corso degli anni, la ricorrenza religiosa fu arricchita anche da una cornice profana, con
luminarie, addobbi, incanto delle offerte e banda municipale, che aveva sede proprio accanto alla
chiesa. Un tempo questa festa annuale era chiamata “Festa da quagià”, vale a dire “del latte cagliato”.

 

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